Tra i vari momenti d’oro che ha vissuto Capri, ce n’è stato uno particolarmente magico, tanto per per gli ospiti dell’isola quanto per i suoi abitanti, inquadrato per bocca dei nostri fortunatissimi genitori e nonni come “la Capri di una volta”.
Quale volta? Quella ai tempi della Dolce Vita ovviamente, quando la giovane Repubblica Italiana dopo essersi leccata le ferite di guerra, sull’onda del miracolo economico si apprestava a vivere una nuova spensieratezza, voglia di mondanità, di divertirsi e di fare l’amore.
Erano anni di grande fermento e Capri poteva vantarsi di ospitare il meglio del jet set  italiano e internazionale. Non che questa fosse una novità, “i famosi” venivano qui già nella prima metà del ‘900. Ma adesso erano diversi i numeri e gli abitanti dell’isola, dopo secoli passati a rompersi la schiena nei campi e per mare, stavano entrando in uno stato di benessere sociale ed economico mai provato prima e forse neanche dopo.
Oltre che col piroscafo, si poteva raggiungere l’isola con l’elicottero pubblico e per un paio d’anni vi fu persino un idrovolante che faceva la rotta Capri-Londra due volte a settimana. Gli inglesi venivano per ascoltare Gracie Fields nel suo american bar, a quei tempi il più famoso del mondo, La Canzone del Mare.
Numerosissime erano le bande di musica, così come le piccole taverne dove si suonava musica napoletana e si beveva vino locale.
I pomeriggi erano danzanti, con l’alternanza di musica scatenata a “lenti” da ballare abbracciati stretti stretti. Le ragazze, che nelle precedenti generazioni erano più avvezze a raccogliere fascine e a caricarsi pesi sul capo che a curare l’estetica, ora erano sempre più belle, le gambe sempre più scoperte… gli uomini, sempre più maniaci…
Oltre alle ragazze, l’altra grande passione dei giovani capresi era il calcio, tutti ci giocavano e nascevano di continuo nuove squadre.
Le giovani capresi, invece, da sempre vero volano dell’economia locale, continuavano a cimentarsi con la sartoria e la cucina, campi in cui si dimostravano fenomenali.
Col crescente turismo anche tutti gli altri mestieri fiorivano: dalla pesca alla produzione di vino a cui venivano aggiunte uve ischitane, dalle arti all’artigianato, dal commercio all’edilizia. E siccome “la stagione” era breve, come questa finiva, tutti riprendevano i ferri di un altro mestiere in cui erano specializzati.
L’amicizia che si creò tra gli abitanti e gli illustri ospiti dell’isola, consentì ai primi di ottenere favori direttamente dai piani più alti dei palazzi romani e ai secondi di avere in regalo limoncello e torte capresi fatte in casa.
Insomma, un connubio di bellezza, pace e allegria.

Ma cos’è cambiato da allora?
Non che i capresi non siano rimasti fedeli a se stessi o che siano mancati gli ospiti importanti o che l’isola non sia più bella. Anzi… Oggi Capri ha un turismo da record, è famosa più delle star che ospita, è circondata dagli yacht degli uomini più ricchi del globo, ospita continuamente eventi mondani. Gli alberghi, i ristoranti e i servizi privati sono mediamente eccellenti, seppur cari. Incontri ancora le donne più belle del mondo, che per l’occasione spesso vestono sullo stile di Jacqueline Kennedy. È il top delle destinazioni mondiali.
Però, la globalizzazione e il turismo di massa, hanno sicuramente segnato la società e la godibilità del luogo.
I capresi, ormai affrontano ritmi di lavoro serrati che durante la stagione lasciano ben poco spazio alle passioni, alle arti e al divertimento. Esauriti da sette mesi di duro lavoro, l’inverno lo passano in letargo e non ci sono grandi prospettive di migliorare la propria condizione.
Anche i turisti, seppur estasiati dalla bellezza e rilassati dalla vacanza, sembrano divertirsi meno. La maggioranza di essi non si ferma per più di tre giorni, assaggiano l’isola invece di gustarla.
È il segno dei tempi moderni e, inevitabilmente, di quella che prima era una tangibile magia oggi è rimasta solo una bella illusione.

Tuttavia, segnaliamo che il 2020 ha dato degli input che, se non ignorati, possono costituire il seme per una nuova epoca d’oro.
Complice la crisi generale, nell’anno del Covid, i capresi, hanno riscoperto in primavera la pesca e la zappa, e in estate una tranquillità e un’inventiva che sembravano perse. Nel vuoto della Marina, senza più le migliaia di persone in attesa di ripartire, i bar hanno organizzato aperitivi con musica dal vivo, sfilate e disco. Nel mentre, i bambini  si rimpossessavano del porto con le loro bici e monopattini.
Fin quando si è potuto, tutti avevano voglia di ballare; quando non si è più potuto, si sono riscoperte le panchine di Tragara.
L’isola senza traffico, né a terra, né a mare, ha ben dimostrato di essere ancora la più bella del mondo.
Non la “Capri di una volta” ma un’altra volta Capri.

a cura di Antonio De Gregorio

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