Gerardo Cinquegrana – in arte Tali Freaks – è il DJ resident di Gente della Notte, scelto dall’ideatore della rassegna Valerio Pagano. Musicista e produttore, oltre ad essere un DJ, incarna perfettamente la filosofia sonora e lo spirito del progetto con il suo stile che mescola istinto, tecnica e cultura musicale. Una carriera iniziata da giovanissimo e maturata nel tempo, anche grazie a un’importante esperienza all’estero, fino alla collaborazione con Gente della Notte, spin-off di That’s Amore Capri nato per portare sull’isola il meglio della club culture internazionale.
In questa intervista ci racconta il suo percorso, le sue influenze, il significato di essere parte di una scena in continua evoluzione — e perché, nonostante i cambiamenti, la musica è ancora lo strumento più potente per unire le persone.
Come è iniziata la tua carriera musicale e com’è evoluta nel tempo?
La mia carriera è iniziata molto presto, in modo del tutto naturale. Avevo circa cinque anni quando ho cominciato a suonare il pianoforte, uno strumento che avevo in casa grazie a mio padre e a mio zio, entrambi appassionati di musica. Crescendo, ogni volta che mi trovavo a casa di amici a conoscenza della mia passione per la musica, mi chiedevano sempre: “Porta i dischi tu!” — e a me faceva piacere, era un modo per far trascorrere loro dei momenti piacevoli… così ho cominciato a collezionare CD e vinili.
Col tempo ho iniziato a fare serate, tramite i primi agganci con i club, e ho imparato sul campo come entrare in sintonia con il pubblico: capire in che momento far partire un pezzo, quando cambiare genere, quando spingere e quando rallentare… è una questione di empatia, direi quasi di psicologia. Devi entrare nella testa della gente, procedere per tentativi finché non capisci quale sia la formula giusta per farli muovere e, soprattutto, farli restare lì, tutti insieme, a condividere un’energia comune.
A 17 anni ho iniziato a interessarmi anche alla produzione. A Capri ho conosciuto una persona che frequentava uno studio di registrazione di Napoli, frequentato da nomi come i Planet Funk, grazie alla quale ho avuto la possibilità di presentare le mie idee registrate su cassetta. È lì che è iniziata la vera gavetta, che mi ha portato a pubblicare le prime tracce negli anni ’90. Oggi produco anche per altri artisti, e ogni traccia è parte di un percorso che continua ancora oggi, tra ricerca, passione e voglia di far ballare.
Quali sono state le tue influenze musicali?
In realtà non ho mai avuto un’unica influenza musicale. Mi ha sempre colpito qualsiasi cosa riuscisse a trasmettermi un’emozione, a coinvolgermi. Non ho mai fatto distinzioni di genere o di epoca: poteva essere un pezzo jazz degli anni ’50, un brano rock, elettronico o anche heavy metal. Se c’era quel “gancio”, quell’elemento capace di catturarmi, allora entrava nel mio mondo musicale.
Come vivi le tue diverse anime di produttore, DJ e musicista? Carriere che procedono insieme, ma restano diverse.
A volte un buon musicista non è detto che sia anche un buon DJ o produttore, tant’è che spesso molti DJ si affidano a produttori per completare il quadro. In genere manca sempre qualcosa da un lato o dall’altro: al DJ può mancare il tocco del musicista, mentre al produttore può mancare la sensibilità per la pista e la scena.
Io invece credo di sentirmi a mio agio nel mezzo, perché ho la sensibilità per svolgere tutti questi ruoli. Quando sono al mixer riesco già a immaginare le vibes, chiudo gli occhi e sento come potrebbe suonare un pezzo. Aver studiato musica mi aiuta molto anche nella produzione, perché non vado solo a orecchio, ma capisco davvero la struttura e l’anima di ciò che creo.
Parliamo della tua esperienza all’estero, di dieci anni, in Scozia. Cosa ti ha trasmesso e cosa ti ha lasciato?
Ho vissuto per dieci anni a Glasgow. Lì ho fatto diversi lavori, ma nel weekend tornavo sempre alla musica. Alla fine, anche grazie a nuovi agganci, sono riuscito a farne di nuovo la mia attività principale, e ho firmato contratti con etichette inglesi e internazionali.
Questa esperienza è stata fondamentale, sia a livello di vita che musicale. Nel Regno Unito, soprattutto tra i giovani di 18 anni, c’è una cultura musicale incredibilmente ampia e viva, che spazia dal rock al blues, dal pop all’elettronica. Qui in Italia, purtroppo, a quell’età spesso manca ancora una vera cultura musicale, una consapevolezza legata alla musica dal vivo e ai club.
In quel contesto ho imparato specialmente a rispettare e valorizzare la musica in ogni sua forma, senza limiti di genere o età. Li non esisteva musica “vecchia” o “nuova”, c’era solo buona musica, tutto poteva diventare una fonte d’ispirazione e si lavorava molto sul suono, sul groove. Questo modo di intendere la musica è ancora oggi al centro del mio lavoro come DJ e produttore.
Un momento importante della tua esperienza fino ad ora con Gente della Notte è stato quando Albertino ti ha fatto i complimenti dal microfono davanti a tutti, dopo che hai introdotto con il tuo DJ set la performance sua e di Prezioso. Cosa hai provato in quella occasione?
Non me l’aspettavo, è stata un’emozione grande. Albertino è uno dei precursori nella dance italiana, un punto di riferimento per noi che siamo cresciuti ascoltando DJ come lui. Da ragazzini, senza internet, seguivamo programmi come Deejay Time, dove passavano di tutto — dalla house alla musica commerciale — e loro erano dei miti.
È stato un riconoscimento importante soprattutto perché viene da chi conosce profondamente la scena e ne ha scritto la storia. Nel nostro mondo, ricevere l’apprezzamento di chi ha fatto la strada prima di te fa sempre piacere, ma ti ricorda anche che c’è sempre qualcosa da imparare e margine di miglioramento.
Cosa ha portato il progetto Gente della Notte a Capri?
Penso che il punto di forza di Gente della Notte sia quello di parlare ad un pubblico davvero eterogeneo, che interessa diverse fasce d’età e a persone che non hanno paura di spaziare fra generi e epoche musicali differenti. Un esempio è stato il dj set di Sinclair, che ha sorpreso tutti iniziando con un pezzo dei Chicago. Pensavamo che avrebbe suonato solo i suoi brani più famosi, invece il suo è stato un vero e proprio viaggio musicale dagli anni ’70 fino agli anni 2000. E proprio questo è lo spirito del progetto, che accomuna anche me e gli altri ospiti della rassegna.
Cosa ti ha colpito maggiormente del progetto Gente della Notte e cosa significa per te farne parte?
Mi fa davvero piacere che con Gente della Notte si dia spazio e valore alla gente del posto, a chi vive l’isola tutto l’anno. Poi, certo, arriva anche la “chicca” con il nome importante, ma la base resta sempre il contesto locale e chi ci lavora ogni giorno con passione.
Sono contento di essere stato inserito l’anno scorso nel progetto e che la collaborazione continui. Per me è un onore poter dare il mio contributo, perché quando c’è una visione condivisa e un team affiatato, si riescono a creare eventi che lasciano davvero il segno.
Quali sono i tuoi progetti futuri con Gente della Notte?
Il prossimo appuntamento è il 17 ottobre con una serata speciale da Paolino, insieme a Tommy Vee, ma stiamo già lavorando ad altri eventi per il 2026. Questo tipo di format, soprattutto quando coinvolge nomi importanti, richiede una pianificazione accurata: non si può improvvisare nulla, bisogna fare attenzione ai dettagli, è un lavoro da professionisti e solo con le persone giuste si possono ottenere risultati che restano nel tempo.











