Sedersi al ristorante dei Bagni di Tiberio degustando le pietanze preparate con amore da Costanza è un viaggio nel tempo e nella storia del gusto.
Prelibatezza dopo prelibatezza il palato trasmette alla mente sapori del passato che traggono ispirazione dall’antica cucina greca e romana.
Furono appunto i Greci a portare sull’isola la coltivazione della vite e dell’olivo e così oggi, sorseggiando un calice di vino caprese, potrai assaggiare un prodotto che è il profumato erede di quei vitigni che venivano dall’Oriente.
Il ristorante dei Bagni di Tiberio sorge tra antiche vasche romane di opus reticulatum dove nel periodo tiberiano si allevavano i pesci per preparare il Garum.
Ma che cos’è il Garum?
La sua ricetta ci è stata tramandata dallo scrittore Quinto Gargilio Marziale: una salsa liquida a base di pesce messo sotto sale con erbe aromatiche che i ricchi romani versavano a gocce sui cibi. Del Garum esistevano diverse varianti a seconda dei pesci che venivano utilizzati. Tra i più pregiati era l’oxygarum preparato con aceto, pepe e pregiate spezie. Discendente della prelibata salsa tiberiana è la colatura di alice di Cetara, marchio DOP dal 2020.
Ma proviamo a immaginare come sarebbe stato un pranzo tiberiano su queste terrazze della Villa di Palazzo a Mare seguendo i suggerimenti di Marino Barendson, storico gastronomico e giornalista. Gli invitati si sarebbero accomodati su triclinia a tre posti, a loro disposizione cucchiai di varia forma e coltelli. Niente forchette. Durante il pranzo i romani erano soliti lavarsi spesso le mani in ciotole con acqua profumata. Il vino era miscelato con miele e allungato con acqua. Fu proprio Tiberio a iniziare a bere il vino in assoluto, senza aggiunte: da ciò viene il suo appellativo Biberius, come ci tramandano Tacito e Svetonio.
Oggi è Costanza ad offrirci qualche raffinata pietanza dell’antica cucina augusteo-tiberiana.
Il menù tipico di un pranzo imperiale
Per iniziare un piatto di ostriche di Lucrino e ricci di mare, con contorno di polpette di calamari e crocchette di miglio e polenta di farro. Per proseguire con seppie profumate alle erbe selvatiche capresi e fritto di fragaglie di triglia e pesciolini capresi con salsa di menta, basilico e vino rosso. Per contorno, rucole selvatiche che l’agronomo Serpullo coltivava in serre mobili a Villa Jovis e in tutte le residenze imperiali. Sempre presenti nei banchetti: zuppa di murene con pane candido e orate ai ferri con legumi di stagioni, o anche carne ovina con salsa di melograno. E per finire un canestro di ciliegie e albicocche.
Variazioni afrodisiache sul tema
Variazioni sul tema, come ci ricorda lo scrittore Norman Douglas, sono quei piatti ritenuti afrodisiaci: gamberi alla Sibarita, lumache con salse speziate e anguille all’ateniese. Per dessert, un bicchiere di idromele e torta fredda di asparagi selvatici.
In conclusione brindiamo tutti insieme celebrando l’antica usanza della Commisatio. Si sceglie un invitato che onorerà con un brindisi il cibo appena gustato: tutti gli altri devono brindare a lui con tante coppe di vino quante sono le lettere del suo nome. Ad esempio: sette coppe per Tiberio, cinque per Livia e così via.
Dopo questo sogno nell’antichità del lido dei Bagni di Tiberio possiamo ritornare alla dolce realtà della cucina di Costanza con i suoi profumi e colori, un sogno che continua.
articolo a cura di Renato Esposito
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