Un noto libro di Raffaele La Capria si intitolava “Capri e non più Capri”. Compiendo un passo indietro nel tempo e osservando l’evoluzione storico-sociale, la qualità e quantità del flusso turistico nel Salotto del mondo, molti liberi pensatori, residenti e turisti direbbero “non più Capri”. Per tanti motivi. Non si tratta di persone nostalgiche o di chi ha voglia di fare retorica.
Sembra piuttosto un dato di fatto che si rasenta ascoltando quei brevi commenti di molti capresi o habituè che hanno visto il Salotto del mondo ieri (non tanto remoto) e oggi. Quel mito fatto di straordinaria unicità naturale arricchita dall’omaggio dei signori dello spettacolo, della moda e dell’imprenditoria nazionale ed internazionale sta lasciando il posto ad un Salotto del Mondo “mordi e fuggi”, o meglio “usa e getta”.
Non è nostro pensiero andare a ricercarne le cause o farne critica e chiasso di sapore scandalistico, o peggio, politico. Poniamo solo una riflessione ascoltando, vivendo e vedendo il Salotto del mondo.
E’ probabile che l’aumento del flusso ed il sovraffollamento turistico abbia mandato in crisi buona parte dell’isola facendone perdere quegli aspetti di vivibilità e tranquillità, specie in determinate ore del giorno o in determinati periodi della stagione turistica.
Gli angoli stessi della natura, quelli un tempo vergini, non conoscono più quella pace che li caratterizzava. Il mare, ad esempio, è diventato preda di flotte di natanti di ogni dimensione e provenienza, mentre le coste del perimetro isolano sono diventate come marciapiedi con automobili in doppia fila. Non c’è un solo metro di mare che tra luglio ed agosto non venga battuto da barche e yacht. Quei colori del mare spesso cambiano e conoscono la bruttura dell’inevitabile inquinamento localizzato, anche se “di passaggio” (per fortuna).
Sulla terraferma il discorso non cambia. File interminabili di persone per usufruire di qualsiasi servizio, dai trasporti pubblici agli esercizi commerciali.
Strade un tempo adatte per un traffico veicolare tranquillo e limitato sono diventate arterie al limite dell’ictus. Era raro sentir parlare di incidenti stradali ma oggi non sono più un’eccezione.
Il caos genera caos, e così aumentano i problemi di ordine pubblico, di sicurezza, di pulizia ed igiene, di controllo in generale. E’ una spirale, come un cane che morde la propria coda.
Anche la gente cambia. I “signori” lasciano spazio agli esibizionisti desiderosi di percorrere la passerella sotto lo sguardo dei curiosi. Di Capri si preferisce assaggiare solo la parte sfrenata e mondana gettando nel cestino tutto il resto, la sua cultura, la sua storia, la sua natura, in una parola la sua vera ricchezza.
“Qui sotto il cielo di Capri” molti dicono che non ci stanno più così bene come una volta.
“Vedi Capri e poi muori” forse perché molti oggi non vogliono tornarci più.
E’ un’isola che rischia di non lasciare più un bel ricordo in chi la vede per la prima volta o in chi ci torna dopo tanti anni. Non lasciamo che Capri diventi per sempre “non più Capri”.