Il vino del Salotto del Mondo

Si parla tanto dei principali piatti tipici della nostra isola. Chi viene nel Salotto del mondo non prescinde dal godersi una serata all’insegna del piacere del palato con leccornie difficilmente imitabili.

E Sempre in tema di gusto e di palato, parliamo di un altro prodotto legato alla tradizione gastronomica di Capri: il vino. La leggenda narra che il vescovo di Bisanzio San Costanzo importò ai tempi degli imperatori romani una botte piena di vino caprese, annacquato e usato come bevanda rinfrescante, secondo un uso che è proseguito fino a qualche decennio fa.

A diffondere l’usanza di bere il vino qui a Capri furono i monaci della Certosa, in particolare il vino bianco, che per la sua leggerezza veniva consumato in grandi quantità. Tra le due guerre mondiali il vino bianco di capri di color paglierino chiaro, fu esportato perfino in America e in Argentina, un vino ottenuto da uve Aglianico, Biancolella, Fiano e Greco, con una gradazione media intorno agli undici gradi.

Ideali ad accompagnare ricette a base di pesce, i vini di Capri contribuirono alla notorietà dello storico Caffè Morgano, in seguito chiamato Zum Kater Hiddigeigei, locale cuore della vita sociale dell’isola tra l’Ottocento e il Novecento, frequentato da celebri personaggi.

Tra i grandi estimatori del vino caprese ci fu certamente Norman Douglas, che si recava appositamente presso la trattoria di Peppinella (l’attuale ristorante “Le Grottelle”) per berne in quantità.

Grande bevitore del vino bianco fu anche Graham Green, l’autore de “Il terzo uomo”, che frequentava l’ex Osteria Aniello. Ma il vino caprese sedusse il palato di moltissimi altri personaggi, a partire dagli imperatori Augusto e Tiberio, poi Oscar Wilde, Frederik Krupp, fino a Gorkij e Lenin; quest’ultimo, in una lettera spedita da Capri alla moglie, elogiava la bellezza del mare e la bontà del vino locale.

La produzione locale fatta di uve del posto non ha mai brillato in quantità poiché, nel corso degli anni,  sono andati scemando gli appezzamenti di terreno coltivati a vigneto. Tuttavia non mancano locali coltivatori che ancora “fanno il vino” e che possono deliziare quei pochi eletti del posto.

 

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